Il reato di associazione per delinquere finalizzata allo sfruttamento della prostituzione di donne reclutate nei Paesi dell'Est europeo, in particolare dalla Romania, si configura anche quando l'ingresso di tali donne in Italia avviene con regolare documentazione, in quanto la condotta illecita consiste nell'attuare atti diretti a procurare l'ingresso di stranieri nel territorio dello Stato al fine di realizzare lo sfruttamento della prostituzione, a prescindere dall'ingresso clandestino. La sussistenza di tale reato associativo è dimostrata dalla prova della abitualità della condotta dell'imputato, desumibile dalle dichiarazioni testimoniali delle vittime, dalle intercettazioni telefoniche e dai riscontri probatori, che evidenziano la sua attività di reclutamento, sfruttamento e controllo delle donne, anche attraverso minacce e violenze, in diverse zone del territorio nazionale, con il coinvolgimento di altri soggetti, italiani e stranieri, a lui collegati. Tali elementi consentono di configurare la sussistenza di distinti episodi di associazione per delinquere, realizzati in tempi e luoghi diversi, legittimamente ritenuti in continuazione. La determinazione della pena, operata dalla Corte di Appello con la concessione delle attenuanti generiche in misura inferiore al terzo, risulta adeguatamente motivata in relazione alla gravità dei fatti e alla personalità dell'imputato, sulla base dei criteri di cui all'art. 133 c.p. Il reato di detenzione e spaccio di stupefacenti è parimenti configurabile sulla base delle risultanze probatorie, in particolare delle intercettazioni telefoniche, che dimostrano il coinvolgimento dell'imputato nel traffico di droga, anche se non emerge la sua abitualità nello spaccio, essendo sufficiente l'ipotesi di cui all'art. 73, comma 5, D.P.R. n. 309/1990, più favorevole.