Il committente pubblico ha la facoltà di recedere unilateralmente in qualsiasi momento dal contratto di appalto di servizi periodici, ai sensi dell'art. 1671 c.c., anche per ragioni di contenimento della spesa pubblica, senza che ciò integri un inadempimento contrattuale. In tal caso, il committente è tenuto a corrispondere all'appaltatore un indennizzo, da liquidarsi anche in via equitativa, per le spese sostenute, i lavori eseguiti e il mancato guadagno, con possibilità di utilizzare come parametro di riferimento il criterio percentuale previsto dall'art. 345 della Legge n. 2248 del 1865 sui lavori pubblici, in ragione dell'analogia contrattuale. L'esercizio legittimo del recesso da parte del committente pubblico non configura una risoluzione per impossibilità sopravvenuta della prestazione, ai sensi dell'art. 1672 c.c., ma una facoltà potestativa, che non richiede la sussistenza di una giusta causa e può essere esercitata per qualsiasi ragione, anche se il costo del servizio appaltato eccede le disponibilità di bilancio dell'ente.