Il Comune, nell'esercizio della propria discrezionalità in materia di pianificazione urbanistica, può imporre limiti all'insediamento di attività commerciali in aree destinate prevalentemente ad attività produttive, industriali e artigianali, al fine di tutelare l'ambiente, la vivibilità e l'ordinato assetto del territorio, garantendo il corretto rapporto tra le attività commerciali e quelle produttive preesistenti. Tali limitazioni, purché ragionevoli e proporzionate agli obiettivi perseguiti, quali la rivitalizzazione del comparto, il miglioramento dei servizi di supporto alle aziende, la sicurezza e la vivibilità dell'area, il recupero di edifici inutilizzati, non sono sindacabili dal giudice amministrativo, salvo che non siano inficiate da arbitrarietà o irragionevolezza manifeste. In particolare, la previsione di limiti alla superficie di vendita, al divieto di contiguità tra medie strutture di vendita e all'utilizzo di servizi in comune, si giustifica con la necessità di evitare che l'insediamento di attività commerciali possa compromettere l'equilibrio tra queste e le preesistenti attività produttive, nonché scongiurare il rischio di realizzare, attraverso un artificioso frazionamento, grandi strutture di vendita o centri commerciali in contrasto con la destinazione prevalente dell'area.