Il giudice di legittimità, nel valutare la motivazione della sentenza impugnata, deve verificare non la mera sufficienza della stessa, ma l'esistenza di vizi logico-giuridici di rilievo costituzionale, quali la mancanza assoluta di motivi, la motivazione apparente, il contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili o la motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile. Pertanto, la semplice critica alla completezza o alla congruità della motivazione non è sufficiente a integrare il vizio di cui all'art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., essendo necessario che il vizio denunciato risulti direttamente dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Inoltre, il giudice di legittimità non può sindacare la valutazione delle prove e degli elementi istruttori compiuta dal giudice di merito, salvo che tale valutazione non sia affetta da vizi logici o giuridici di rilievo costituzionale. In particolare, il mero richiamo ad altri atti del giudizio o ad altri provvedimenti, senza ulteriori specificazioni, non integra una motivazione apparente, purché il giudice abbia comunque illustrato, sia pure in forma sintetica, i motivi in fatto e in diritto della decisione adottata.