Il giudice di legittimità, nel pronunciarsi sulla dichiarazione di fallimento di una società, afferma che: 1. Il termine per proporre ricorso per cassazione avverso la sentenza dichiarativa del fallimento decorre dalla comunicazione/notificazione della stessa da parte della cancelleria, ai sensi dell'art. 18, comma 14, della legge fallimentare, essendo irrilevante stabilire se si tratti di una notificazione o di una mera comunicazione, atteso che nel vigente contesto normativo non vi è più ragione per operare tale distinzione ai fini del decorso del termine. 2. La comunicazione del testo integrale della sentenza da parte del cancelliere, ai sensi dell'art. 133, comma 2, c.p.c., è idonea a far decorrere i termini per le impugnazioni previsti dalla legge fallimentare, in quanto tale norma riguarda solo le notificazioni effettuate su impulso di parte, mentre non incide sulle norme processuali di carattere derogatorio e speciale, tra le quali rientra l'art. 18 l.fall. 3. Ai fini della dichiarazione di fallimento, non è necessario che il credito vantato dal creditore istante sia liquido, esigibile o certo, essendo sufficiente che il debitore si trovi in stato di insolvenza, come desumibile anche dalle stesse dichiarazioni rese in sede di proposta concordataria circa l'entità dei debiti scaduti e non pagati. 4. Lo stato di insolvenza può essere ravvisato laddove l'unico flusso finanziario della società sia rappresentato dall'incameramento di canoni locatizi, di importo palesemente insufficiente a far fronte alla notevole mole dei debiti.