Cassazione penale Sez. V sentenza n. 22999 del 11 maggio 2017

ECLI:IT:CASS:2017:22999PEN

Massima

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Il divieto di reformatio in peius non impedisce al giudice di appello, quando muta la struttura del reato continuato, di applicare un aumento maggiore rispetto a quello ritenuto dal primo giudice per uno dei fatti unificati dall'identità del disegno criminoso, purché non irroghi una pena complessivamente maggiore. Ciò in quanto il legislatore, con l'art. 597 comma 4 c.p.p., ha preso in considerazione come termine di riferimento e vincolo per il nuovo giudice soltanto la pena complessiva e non i singoli segmenti o passaggi di giudizio che hanno concorso a determinarla, accreditando la logica per cui il nuovo giudizio sul punto conta solo nel suo approdo conclusivo. Pertanto, il divieto di reformatio in peius non impedisce al giudice di appello di modificare in senso peggiorativo la quantificazione degli aumenti per continuazione, quando muta il titolo del reato più grave e il relativo trattamento sanzionatorio assunto come pena-base, in quanto tale esclusione trova implicita conferma nella previsione dell'art. 597 comma 4 c.p.p.

Sentenza completa

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ZAZA Carlo - Presidente

Dott. CATENA Rossella - Consigliere

Dott. DE MARZO Giuseppe - Consigliere

Dott. SCORDAMAGLIA Irene - rel. Consigliere

Dott. LIGNOLA Ferdinando - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato il (OMISSIS) a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 28/04/2015 della CORTE APPELLO di ROMA;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 07/03/2017, la relazione svolta dal Consigliere Dott. SCORDAMAGLIA IRENE;
Udito il Procuratore Generale in persona della Dott.ssa DI NARDO MARILIA, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
Il difensore dell'imputato, Avv. (OMISSIS…

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