Il principio di diritto fondamentale che emerge dalla sentenza è il seguente: Le disposizioni di cui all'art. 581, commi 1-ter e 1-quater, c.p.p., introdotte dal d.lgs. n. 150/2022, che prevedono l'obbligo di dichiarare o eleggere domicilio ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio nell'atto di impugnazione, non si applicano all'appello cautelare, in quanto tale procedimento ha natura incidentale e diversa finalità rispetto al giudizio di impugnazione della sentenza. Pertanto, la mancanza di tale dichiarazione o elezione di domicilio nell'atto di appello cautelare non determina l'inammissibilità del gravame, essendo tale adempimento previsto esclusivamente per le impugnazioni avverso le sentenze pronunciate dopo l'entrata in vigore del d.lgs. n. 150/2022, in attuazione dei principi di delega finalizzati a garantire la conoscenza del processo da parte dell'imputato e la ragionevole durata del giudizio di secondo grado, esigenze estranee alla fase cautelare. Le cause di inammissibilità, rientrando nel novero generale dei casi di invalidità degli atti processuali, sono soggette ad un principio di tassatività, per cui non è sostenibile un'interpretazione estensiva che applichi ad un caso non espressamente previsto dalla legge l'obbligo di un adempimento stabilito a pena di inammissibilità.