Il provvedimento di ammissione dell'imputato alla sospensione del procedimento con messa alla prova, ai sensi dell'art. 168-bis c.p., non è immediatamente impugnabile con ricorso per cassazione da parte del pubblico ministero o della persona offesa, ma può essere contestato solo unitamente alla sentenza di primo grado che dichiara l'estinzione del reato per il positivo esito della prova. Ciò in quanto il legislatore, nel prevedere la ricorribilità per cassazione del solo provvedimento ammissivo, ha inteso assicurare una tutela "limitata" ai soli motivi di legittimità, garantendo il massimo favore all'istituto della sospensione con messa alla prova. L'omessa proposizione del ricorso per cassazione avverso il provvedimento ammissivo preclude la possibilità di far valere, con il successivo ricorso avverso la sentenza di non luogo a procedere, asseriti vizi dell'ordinanza originaria, in applicazione del generale effetto preclusivo che consegue al mancato esperimento di un rimedio impugnatorio espressamente previsto. Tale ricostruzione è coerente con la natura processuale dell'istituto della sospensione con messa alla prova, che si connota per un'accentuata dimensione processuale, collocandosi nell'ambito dei procedimenti speciali alternativi al giudizio, in cui l'imputato che rinuncia al processo ordinario trova il vantaggio di un trattamento sanzionatorio non detentivo, giustificando l'esigenza di garantire un immediato controllo dei presupposti di accesso al nuovo rito.