Cassazione penale Sez. VI sentenza n. 34258 del 15 settembre 2022

ECLI:IT:CASS:2022:34258PEN

Massima

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Il reato di corruzione propria si configura quando la condotta del pubblico ufficiale o dell'incaricato di pubblico servizio, oggetto del mercimonio, rientra nella sfera di competenza o di influenza del suo ufficio, a prescindere dalla titolarità formale dell'atto da compiere. Pertanto, ai fini della sussistenza del reato, non è determinante che l'atto oggetto della dazione o della promessa di denaro o altra utilità rientri nelle specifiche mansioni del soggetto corrotto, essendo sufficiente che esso attenga alle competenze dell'ufficio cui il medesimo appartiene e in relazione al quale egli eserciti, o possa esercitare, una qualche forma di ingerenza, anche di mero fatto. La valutazione circa la sussistenza di tale potere di influenza o ingerenza è rimessa al prudente apprezzamento del giudice di merito, la cui motivazione è incensurabile in sede di legittimità se logica e coerente con le risultanze processuali. Inoltre, il reato di corruzione può configurarsi anche quando l'atto oggetto del mercimonio non sia di competenza diretta del pubblico ufficiale corrotto, ma rientri nelle attribuzioni di altro ufficio, purché il primo abbia comunque la possibilità di interferire o influenzare in qualche modo il procedimento relativo a tale atto. Quanto all'elemento soggettivo del reato, la mera prospettazione di una ricostruzione alternativa, anche se astrattamente plausibile, non è sufficiente a inficiare la valutazione del giudice di merito, il quale ha il compito di accertare, sulla base di un prudente apprezzamento delle risultanze probatorie, se la condotta dell'imputato sia stata effettivamente animata dal dolo di corruzione, ovvero se essa sia stata il frutto di un mero equivoco. Infine, in tema di circostanze attenuanti, l'applicazione dell'attenuante speciale di cui all'art. 323-bis c.p. è rimessa alla valutazione discrezionale del giudice di merito, il quale deve considerare non solo l'entità del danno o del lucro conseguito, ma ogni caratteristica della condotta, dell'atteggiamento soggettivo dell'agente e dell'evento da questi determinato, al fine di accertare se il reato presenti una gravità contenuta. Analogamente, l'applicazione dell'attenuante di cui all'art. 62, n. 4, c.p. presuppone una valutazione complessiva degli effetti della condotta illecita, con riferimento sia all'entità del lucro conseguito o perseguito, sia all'entità del danno o del pericolo cagionato, che devono risultare di modesta consistenza.

Sentenza completa

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETRUZZELLIS Anna - Presidente

Dott. ROSATI Martino - Consigliere

Dott. VIGNA ((omissis)) - Consigliere

Dott. SILVESTRI Pietro - rel. Consigliere

Dott. RICCIO Stefania - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposta da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza emessa dalla Corte di appello di Roma il 19/10/2021;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; -
udita la relazione svolta dal Consigliere, Dr. ((omissis));
udito il Sostituto Procuratore generale, Dott. ((omissis)), che ha chiesto il rigetto del ricorso;
letta la memoria e udito l'avv. (OMISSIS) difensore dell'indagato, che ha insistito nell'accoglimento dei motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte…

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