Cassazione penale Sez. IV sentenza n. 57181 del 21 dicembre 2017

ECLI:IT:CASS:2017:57181PEN

Massima

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Il reato di associazione finalizzata al traffico di stupefacenti di cui all'art. 74 del D.P.R. n. 309/1990 si configura quando sussiste un gruppo di almeno tre persone, consapevolmente aggregate per il compimento di una serie indeterminata di reati in materia di droga, con organizzazione di attività personali e mezzi economici per il perseguimento del fine illecito e con obbligo solidale di fornire ciascuno il proprio contributo materiale, anche in ragione del ruolo attribuito, alla stabilità dell'unione criminosa destinata a durare nel tempo per l'attuazione del programma criminoso. Tale vincolo associativo può essere provato anche attraverso elementi indiziari, quali i contatti continui tra gli spacciatori, i frequenti viaggi per il rifornimento della droga, le basi logistiche, le forme di copertura e i beni necessari per le operazioni delittuose, le forme organizzative, sia di tipo gerarchico che mediante divisione dei compiti tra gli associati, la commissione di reati rientranti nel programma criminoso e le loro specifiche modalità esecutive. Il ruolo di partecipante nell'associazione non è incompatibile con la circostanza che il singolo miri a perseguire, in uno con le finalità tipiche dell'associazione, scopi o utilità personali, né implica che egli debba necessariamente conoscere ed essere in rapporto con tutti gli altri associati o essere coinvolto in tutti i reati-fine realizzati. Inoltre, nell'ambito delle condotte punibili ai sensi dell'art. 74, comma 1, del D.P.R. n. 309/1990, deve definirsi "organizzatore" anche colui che, rispetto al gruppo già costituito, non si limiti ad attività meramente esecutive del progetto criminoso comune, ma assuma una funzione di fulcro nonché poteri gestionali, quand'anche non pienamente autonomi, in uno specifico e rilevante settore operativo, apportando così all'associazione un contributo primario e non già semplicemente paritetico a quello di ogni altro sodale. Quanto ai reati-fine di cui all'art. 73 del medesimo decreto, l'interpretazione del linguaggio criptico o cifrato utilizzato dagli indagati nelle conversazioni intercettate costituisce questione di fatto rimessa alla valutazione del giudice di merito, la quale, se risulta logica in relazione alle massime di esperienza utilizzate, si sottrae al sindacato di legittimità, non potendosi prospettare una diversa interpretazione se non in presenza di un travisamento della prova incontestabile. Infine, in materia di stupefacenti, il sequestro o il rinvenimento delle sostanze non è determinante ai fini della prova, potendosi fare riferimento anche ad altre prove, come le intercettazioni telefoniche o ambientali.

Sentenza completa

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IZZO Fausto - Presidente

Dott. PICCIALLI Patrizia - rel. Consigliere

Dott. DOVERE Salvatore - Consigliere

Dott. GIANNITI Pasquale - Consigliere

Dott. MICCICHE' Loredana - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), N. IL (OMISSIS);
(OMISSIS), N. IL (OMISSIS);
(OMISSIS), N. IL (OMISSIS);
(OMISSIS), N. IL (OMISSIS);
(OMISSIS), N. IL (OMISSIS);
(OMISSIS), N. IL (OMISSIS);
avverso la sentenza n. 3470/2016 CORTE APPELLO di MILANO, del 22/12/2016;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 12/10/2017 la relazione fatta dal Consigliere Dott. PICCIALLI PATRIZIA;
Udito il Procuratore Generale in persona della Dott.ssa FODARONI M. G. che ha concluso per…

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