Cassazione penale Sez. V sentenza n. 15357 del 21 aprile 2010

ECLI:IT:CASS:2010:15357PEN

Massima

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Il principio di diritto fondamentale che emerge dalla sentenza è il seguente: In tema di delitti contro l'onore, la valutazione dell'attitudine lesiva delle espressioni utilizzate dall'agente rientra nell'ambito del giudizio di merito, il quale è sottratto al sindacato di legittimità della Corte di Cassazione qualora risulti adeguatamente e coerentemente motivato. Pertanto, il dolo richiesto per la configurazione di tali reati non necessita della prova di un "animus iniuriandi vel diffamando", essendo sufficiente il dolo generico, che può assumere anche la forma del dolo eventuale, laddove l'agente abbia consapevolmente utilizzato espressioni socialmente interpretabili come offensive. Tuttavia, il giudice di merito può legittimamente escludere la sussistenza del reato qualora, sulla base di un'attenta valutazione del contesto in cui le espressioni sono state pronunciate, ritenga che le stesse non abbiano effettivamente leso l'onore o la reputazione della persona offesa. In tali casi, la motivazione del giudice di merito, se adeguata e coerente, non è sindacabile in sede di legittimità.

Sentenza completa

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CALABRESE Renato Luigi - Presidente

Dott. COLONNESE Andrea - rel. Consigliere

Dott. CARROZZA Arturo - Consigliere

Dott. AMATO Alfonso - Consigliere

Dott. BRUNO Paolo Antonio - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA/ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

PMT PRESSO TRIBUNALE DI LARINO;

nei confronti di:

1) SI. RI. , N. IL (OMESSO);

avverso la sentenza n. 10/2004 GIUDICE DI PACE di TERMOLI, del 08/02/2008;

visti gli atti, la sentenza e il ricorso;

udita in PUBBLICA UDIENZA del 11/03/2010 la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANDREA COLONNESE;

Udito il Procuratore Generale in persona del Dr. SALZANO Francesco, che ha concluso per il rige…

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