Il giudice penale, nel dichiarare che il fatto non è più previsto dalla legge come reato a seguito di una depenalizzazione, deve comunque decidere sull'impugnazione ai soli effetti delle disposizioni e dei capi della sentenza che concernono gli interessi civili. Ciò in quanto il diritto al risarcimento del danno derivante dal fatto illecito permane anche a seguito dell'abolitio criminis, in applicazione del principio di cui all'art. 11 delle Preleggi per cui "la legge non dispone che per l'avvenire". Tale soluzione è coerente con i principi della giurisdizione penale e civile, evitando che la causa estintiva del reato possa frustrare il diritto al risarcimento e alla restituzione, imponendo alla parte civile la prosecuzione del giudizio in sede civile. Inoltre, la liquidazione del danno patrimoniale cagionato da reato, operata dal giudice con criterio equitativo, costituisce un apprezzamento di fatto non censurabile in Cassazione, ove non si contesti la legittimità del ricorso al criterio equitativo, essendo sufficiente anche una difficoltà solo di un certo rilievo nell'individuazione della prova del danno nella sua esistenza.