Il diritto di proprietà privata non può essere compresso in modo illegittimo attraverso l'istituto della cosiddetta "occupazione appropriativa", in quanto tale istituto è stato espunto dall'ordinamento giuridico italiano a seguito delle pronunce della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo che ne hanno rilevato l'incompatibilità con il principio di legalità. Di conseguenza, l'annullamento giurisdizionale degli atti espropriativi comporta l'obbligo per la pubblica amministrazione di restituire i terreni occupati sine titulo e di risarcire il danno da illegittimo spossessamento, non essendo più configurabile il perfezionamento di alcun diritto reale in capo all'amministrazione. La restituzione del bene al privato proprietario costituisce pertanto la forma primaria di tutela, mentre il pagamento di un equivalente monetario presuppone necessariamente il previo trasferimento della proprietà dell'immobile, che manca nel caso di occupazione sine titulo. Il giudice amministrativo, nell'esecuzione del giudicato, può pertanto disporre la restituzione del bene al privato, ovvero, in alternativa, un accordo tra le parti per il trasferimento dello stesso o la determinazione concordata del suo valore economico, con effetto traslativo a favore della pubblica amministrazione a fronte del corrispettivo erogato al privato. In mancanza di accordo, il giudice può nominare un commissario ad acta per l'adempimento di tali obblighi restitutori.