Il reato di associazione a delinquere finalizzata alla commissione di furti e estorsioni si configura quando sussiste un vincolo associativo stabile e duraturo, con una ripartizione di compiti tra gli affiliati, volto alla realizzazione di un programma criminoso indeterminato, anche se non tutti gli associati hanno partecipato direttamente a tutti i reati-fine. La confessione di alcuni reati-fine da parte di un imputato, unitamente alle risultanze delle intercettazioni telefoniche che comprovano il suo ruolo di collaboratore stretto del capo dell'organizzazione e la sua attiva partecipazione alle varie fasi della realizzazione dei delitti (furto di autoveicoli, trattative per la restituzione dietro pagamento di riscatto, divisione del provento), costituiscono elementi sufficienti per ritenere la sua responsabilità per il reato associativo, anche in assenza di una confessione esplicita di tale addebito. Il giudizio di equivalenza tra aggravanti e attenuanti generiche, nonostante la parziale riparazione del danno, appare corretto in considerazione della gravità e del numero dei reati commessi nell'ambito dell'associazione criminale. Le censure di merito proposte con il ricorso, che ripropongono questioni già esaminate dai giudici di merito, sono inammissibili, in quanto la motivazione della sentenza impugnata appare congrua e logicamente coerente.