Il silenzio serbato dall'amministrazione comunale sull'istanza di riconoscimento di un debito nei confronti di un privato, pur se inizialmente legittimo, diviene illegittimo qualora perduri oltre un congruo termine, imponendo all'ente l'obbligo di pronunciarsi espressamente sulla pretesa creditoria, anche mediante l'adozione di una delibera consiliare ai sensi dell'art. 194, comma 1, lett. e) del T.U.E.L. Tale obbligo di provvedere discende dal principio di buona amministrazione e di tutela del legittimo affidamento del privato, il quale ha diritto ad ottenere una decisione espressa sulla propria richiesta, in ossequio ai canoni di imparzialità e trasparenza dell'azione amministrativa. Ove l'amministrazione, pur tardivamente, riconosca il debito e proceda al pagamento, il ricorso giurisdizionale diviene improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse, fermo restando la possibilità per il privato di ottenere la condanna alle spese processuali in ragione del ritardo ingiustificato nell'adempimento dell'obbligazione. Il giudice amministrativo, in tali casi, può disporre la compensazione delle spese di lite, in considerazione della definizione in rito della controversia e della complessiva vicenda processuale.