Il diritto di satira, quale manifestazione della libertà di espressione costituzionalmente garantita, trova il suo limite nel rispetto della dignità della persona e nella continenza delle espressioni utilizzate, non potendo degenerare in mera forma di dileggio o disprezzo. Il giudice di merito, nel valutare la legittimità dell'esercizio del diritto di satira, deve operare un bilanciamento tra il diritto di critica, anche aspra e paradossale, e la tutela della reputazione e dell'onore individuale, tenendo conto del contesto complessivo in cui la satira si inserisce e della rilevanza sociale della notizia oggetto di rappresentazione satirica. La satira, pur non essendo soggetta al parametro della verità dei fatti rappresentati, deve comunque rispettare la continenza delle espressioni utilizzate, senza eccedere in forme di puro e gratuito vilipendio della persona. Il giudizio sulla congruità dei termini ritenuti diffamatori è riservato al giudice di merito, la cui valutazione è insindacabile in sede di legittimità, purché adeguatamente motivata e immune da vizi logici o giuridici.