Cassazione penale Sez. III sentenza n. 50754 del 30 novembre 2016

ECLI:IT:CASS:2016:50754PEN

Massima

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Il reato di detenzione di materiale pedopornografico di cui all'art. 600-quater c.p. si configura con la mera e consapevole detenzione di tale materiale, a prescindere dalla sussistenza di un concreto pericolo di diffusione dello stesso. La norma ha una natura residuale e di chiusura, sicché non è configurabile il concorso con il reato di pornografia minorile di cui all'art. 600-ter c.p., dovendo in tali casi applicarsi la più grave fattispecie di cui a quest'ultima disposizione, mentre la detenzione costituisce un "post factum" non punibile. Il Legislatore ha inteso punire la detenzione di materiale pedopornografico quale ultimo anello di una catena di condotte antigiuridiche, di lesività decrescente, iniziate con la produzione dello stesso e proseguite con le altre condotte tipizzate nell'art. 600-ter c.p. Pertanto, ai fini della configurabilità del reato di cui all'art. 600-quater c.p., è sufficiente la mera e consapevole detenzione del materiale, a prescindere dalla possibilità di desumere l'età dei soggetti raffigurati dalle singole immagini, essendo invece necessario che le stesse ritraggano esplicitamente soggetti minorenni in pose quanto meno lascive, con la minore età dei soggetti o delle loro parti intime immediatamente intuibile. In tema di reato continuato, allorché per la ritenuta minore lesività del reato più grave il giudice d'appello, in accoglimento della doglianza formulata dal solo imputato, attenui la pena base, la rideterminazione dell'aumento per i reati satelliti può tanto confermare quanto superare i singoli limiti posti dalla precedente sentenza di primo grado, nel rispetto tuttavia, nel secondo caso, del tetto complessivo segnato dalla prima sentenza e a condizione che il relativo esito sia giustificato da adeguata motivazione. Il giudice d'appello non è tenuto né necessariamente a confermare gli aumenti disposti dal primo giudice, perché la manipolazione della pena in ordine al reato più grave legittima l'intervento sull'intero trattamento sanzionatorio previsto per il reato continuato, né ad assicurare l'adempimento della condizione posta dall'art. 597 c.p.p., comma 4, nel senso che la "pena complessiva" deve risultare corrispondentemente diminuita, perché quest'ultima condizione presuppone l'accoglimento dell'appello dell'imputato relativo a circostanze o a reati concorrenti e non invece una semplice e differente commisurazione della pena secondo una diversa modulazione dei criteri di cui all'art. 133 c.p. In tema di misure di sicurezza patrimoniali, l'ordine di confisca contenuto in una sentenza di condanna, se anche irrevocabile, fa stato "inter partes", con la conseguenza che, qualora il provvedimento risulti disposto illegittimamente sussistendo la causa impeditiva prevista dall'art. 240 c.p., comma 3, esclusivamente il soggetto estraneo al reato, e perciò rimasto estraneo al procedimento penale, al quale la cosa confiscata appartiene, può chiedere di invalidare quel capo della sentenza ed ottenere la revoca della misura di sicurezza inflitta all'imputato condannato.

Sentenza completa

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMORESANO Silvio - Presidente

Dott. DI NICOLA Vito - rel. Consigliere

Dott. GRAZIOSI Chiara - Consigliere

Dott. ANDREAZZA Gastone - Consigliere

Dott. REINOLDI Carlo - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 20-04-2015 della Corte di appello di Brescia;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere ((omissis));
udito il Procuratore Generale in persona del Dott. POLICASTRO Aldo che ha concluso per l'annullamento con rinvio limitatamente alla confisca, con rigetto nel resto;
udito per la parte civile l'avv. (OMISSIS), sostituto precessuale dell'avv. (OMISSIS), che ha concluso per …

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