Cassazione penale Sez. VI sentenza n. 1732 del 24 luglio 1997
ECLI:IT:CASS:1997:1732PEN
Massima
Massima ufficiale
I c.d. «agenti provocatori» non possono testimoniare, ostandovi il disposto di cui all'art. 62 c.p.p., sulle dichiarazioni comunque rese da coloro con i quali sono venuti in contatto e che, con l'acquisizione della notizia di reato, abbiano già assunto veste di indagati per facta concludentia, sempre che dette dichiarazioni siano rappresentative di fatti precedenti, non operando, invece, il divieto di cui al citato art. 62 c.p.p. relativamente alle condotte constatate dagli agenti ed alle dichiarazioni che ad esse eventualmente si accompagnino, ivi comprese quelle che abbiano ad oggetto la programmazione di condotte future, dal momento che tali condotte e dichiarazioni hanno valenza di fatti storici, sottratti, come tali, all'ambito di operatività del divieto in questione. Le dichiarazioni rese all'agente di polizia giudiziaria che funga da simulato acquirente di sostanze stupefacenti nella veste di agente provocatore, devono essere collocate all'interno del procedimento, poiché il venditore deve considerarsi di fatto indagato non appena si stabilisce il contratto con l'apparente acquirente. Tuttavia ad esse non si applica il divieto di testimonianza previsto dall'art. 62 c.p.p., poiché tale divieto concerne soltanto le dichiarazioni rappresentative di precedenti fatti e non anche le condotte e le dichiarazioni che accompagnano tali condotte, chiarendone il significato, ovvero le dichiarazioni programmatiche di future condotte. Non può trovare neanche applicazione il limite di utilizzabilità previsto dal secondo comma dell'art. 63 c.p.p. poiché non si tratta di dichiarazioni rese nel corso di un esame o di assunzione di informazioni in senso proprio e tali dichiarazioni non costituiscono la rappresentazione di eventi già accaduti o la descrizione di una precedente condotta delittuosa, ma inserendosi invece in un contesto commissivo, realizzando con esse la stessa condotta materiale del reato.
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