Il termine di impugnazione di trenta giorni previsto dall'art. 116 del codice del processo amministrativo decorre dalla data di comunicazione dell'atto impugnato, a prescindere dalla conoscenza effettiva dello stesso da parte del destinatario, il quale è tenuto a esercitare la propria azione entro il predetto termine perentorio, a pena di irricevibilità del ricorso. Il principio di concentrazione del contenzioso amministrativo e di ragionevole durata del processo impongono l'osservanza rigorosa dei termini di impugnazione, senza possibilità di deroghe o eccezioni, salvo i casi espressamente previsti dalla legge. Il rispetto dei termini di impugnazione costituisce, pertanto, un presupposto indefettibile per l'esercizio del diritto di azione, a tutela dell'affidamento dell'amministrazione e della certezza dei rapporti giuridici. L'inosservanza del termine di decadenza per l'impugnazione determina l'irricevibilità del ricorso, indipendentemente dalla fondatezza nel merito delle doglianze proposte, in quanto il processo amministrativo è regolato da stringenti preclusioni temporali volte a garantire la stabilità e l'efficacia degli atti amministrativi. Il giudice, pertanto, è tenuto a rilevare d'ufficio l'irricevibilità del ricorso proposto oltre il termine di legge, senza possibilità di sanatoria o rimessione in termini, salvo i casi tassativamente previsti dalla normativa vigente.