Il principio di diritto fondamentale che emerge dalla sentenza può essere così sintetizzato: La richiesta di estradizione di un soggetto da parte di uno Stato estero non può essere respinta per il solo fatto che il procedimento penale a suo carico si sia svolto senza le garanzie procedurali previste dalla legislazione dello Stato richiedente, a meno che tale carenza non si sia tradotta in una effettiva violazione dei diritti fondamentali della persona. Pertanto, la mera circostanza che il procedimento si sia svolto in contumacia o che non sia stata automaticamente prevista la possibilità di un nuovo giudizio per il contumace, non costituisce di per sé motivo ostativo all'estradizione, qualora risulti che l'imputato abbia comunque fruito di adeguate garanzie difensive, anche attraverso la nomina di un difensore d'ufficio, e che l'ordinamento dello Stato richiedente preveda comunque la possibilità, seppur sottoposta a vaglio preliminare, di ottenere la revisione del processo. Analogamente, la differenza di trattamento sanzionatorio rispetto a eventuali coimputati non può essere automaticamente assunta come sintomo di intento persecutorio, ove risulti adeguatamente motivata sulla base di elementi oggettivi, come il ruolo preminente svolto dall'imputato o la sua condizione di recidivo. Infine, le condizioni di vita dell'imputato nello Stato di rifugio, pur meritevoli di considerazione, non possono costituire di per sé motivo ostativo all'estradizione, che deve essere valutata esclusivamente sulla base della sussistenza dei presupposti previsti dalla legge.