Il diritto alla riparazione per ingiusta detenzione non sorge automaticamente dal proscioglimento con sentenza irrevocabile, ma è condizionato all'assenza di comportamenti dolosi o gravemente colposi dell'imputato che abbiano dato o concorso a dare causa alla misura cautelare. Il giudice della riparazione deve valutare i comportamenti del cautelato sulla base degli atti processuali, anche se diversi da quelli che hanno condotto al proscioglimento, senza che tale valutazione possa dare luogo a contraddizioni con la decisione assolutoria. Pertanto, la mera pronuncia di proscioglimento non è sufficiente a far sorgere automaticamente il diritto alla riparazione, essendo necessario accertare l'assenza di condotte dolose o gravemente colpose dell'imputato che abbiano determinato l'adozione della misura cautelare, indipendentemente dall'esito finale del giudizio di merito. Inoltre, la disciplina dell'incompatibilità del giudice che ha adottato o concorso ad adottare la misura cautelare con la funzione di giudice della riparazione non è costituzionalmente illegittima, in quanto i due procedimenti, quello penale e quello sulla riparazione, sottostanno a prospettive valutative e strutturali tra loro totalmente diverse e a regimi ordinamentali neppure parzialmente sovrapponibili.