Il diniego del visto d'ingresso per lavoro subordinato è legittimo quando il richiedente non dimostra di conoscere direttamente gli elementi fondamentali del rapporto di lavoro, ingenerando così seri dubbi sulla veridicità delle dichiarazioni e sulla sussistenza di un effettivo rischio migratorio. Le Rappresentanze diplomatico-consolari hanno la facoltà di verificare i presupposti di cui all'art. 5 del D.P.R. n. 394/1999, tra cui il motivo e la durata del soggiorno, e possono legittimamente negare il visto qualora tali elementi non siano adeguatamente comprovati dal richiedente. Ciò in considerazione degli obblighi internazionali assunti dall'Italia nell'ambito dello Spazio Schengen, che impongono un esame rigoroso delle domande di visto e la possibilità di adottare un provvedimento di diniego anche per la minima mancanza dei requisiti previsti. La mancata comunicazione del preavviso di rigetto ai sensi dell'art. 10-bis della L. n. 241/1990 non determina l'illegittimità del provvedimento finale, qualora emerga che lo stesso non avrebbe potuto avere un contenuto diverso.