Il ricorso personale proposto dal detenuto avverso un provvedimento del Tribunale di Sorveglianza è inammissibile, in quanto, a seguito dell'entrata in vigore della L. n. 103 del 2017, il detenuto non ha più la legittimazione a proporre personalmente il ricorso, dovendo essere rappresentato da un difensore. L'inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in assenza di elementi che escludano la sua colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, anche al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, nella misura ritenuta equa dal giudice. Tale principio si fonda sulla necessità di assicurare il rispetto delle norme processuali, a tutela del corretto svolgimento del procedimento e dell'effettività della difesa tecnica, nonché sull'esigenza di disincentivare la proposizione di impugnazioni manifestamente inammissibili, al fine di evitare un aggravio del carico giudiziario e garantire l'efficienza del sistema. La massima si applica a tutti i casi in cui il detenuto proponga personalmente un ricorso avverso un provvedimento del Tribunale di Sorveglianza, successivamente all'entrata in vigore della riforma del 2017, senza essere rappresentato da un difensore.