Il reato di falsa dichiarazione sull'identità personale (art. 495 c.p.) si configura quando l'imputato, a richiesta delle autorità, fornisce deliberatamente false generalità, anche se non in un atto pubblico, essendo sufficiente la mera dichiarazione mendace. Tale condotta è distinta e autonoma rispetto al reato di sostituzione di persona (art. 496 c.p.), che ricorre quando l'imputato assume falsamente l'identità di un'altra persona. Pertanto, il giudice non è tenuto a restituire gli atti al pubblico ministero per una diversa qualificazione giuridica del fatto, quando la condotta contestata corrisponde a quella effettivamente accertata, anche se la sua valutazione giuridica potrebbe essere diversa da quella originariamente ipotizzata. La rinuncia dell'imputato ai motivi di appello relativi alla responsabilità per i reati contestati preclude la possibilità di censurare in sede di legittimità la correttezza della qualificazione giuridica della condotta, in assenza di vizi logici o giuridici nella motivazione.