Il giudice di legittimità, nel dichiarare inammissibile il ricorso per cassazione proposto dal pubblico ministero avverso la sentenza di non luogo a procedere emessa dal giudice per l'udienza preliminare, afferma il seguente principio di diritto: In ipotesi di sentenza di non luogo a procedere appellata dal pubblico ministero con atto di impugnazione proposto prima dell'entrata in vigore della Legge 20 febbraio 2006, n. 46, non trova applicazione la disciplina transitoria dettata dalla citata legge, articolo 10, commi 2 e 3, bensì si applica l'articolo 428 c.p.p. nel testo vigente prima della sua sostituzione ad opera della Legge n. 46 del 2006, articolo 4, con la conseguenza che la sentenza stessa rimane appellabile e non ricorre la ragione di sopravvenuta inammissibilità dell'appello prevista dalla Legge n. 46 del 2006, articolo 10, comma 2. Ne consegue che è inammissibile il ricorso per cassazione diretto avverso tale sentenza di non luogo a procedere, anche se successivo all'appello già proposto dallo stesso pubblico ministero che sia stato dichiarato inammissibile dal giudice investito dell'appello medesimo in ragione della (erroneamente) ritenuta applicazione della citata legge, articolo 10, comma 2, con ordinanza non impugnata dal pubblico ministero. Ciò in quanto la sentenza di non luogo a procedere non rientra nel novero delle "sentenze di proscioglimento" cui fa riferimento la Legge n. 46 del 2006, articolo 10, comma 2, e pertanto a tali sentenze non si applica la disciplina transitoria dettata dai commi 2 e 3 di tale articolo, bensì il principio tempus regit actum dettato dal comma 1.