Cassazione penale Sez. VI sentenza n. 28709 del 17 luglio 2012

ECLI:IT:CASS:2012:28709PEN

Massima

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Il pubblico ufficiale che, abusando della propria funzione, accetta o sollecita denaro o altra utilità da un privato per influenzare l'esercizio dei propri poteri discrezionali a vantaggio di quest'ultimo, commette il reato di corruzione. Tale condotta, caratterizzata da un habitus programmaticamente teso alla corruzione di pubblici funzionari, integra un eccezionale pericolo di reiterazione del reato e di inquinamento probatorio, che giustifica l'applicazione della misura cautelare della custodia in carcere, anche nei confronti di un soggetto ultra-settantenne, in assenza di condizioni di salute incompatibili con tale regime detentivo. La valutazione della sussistenza di tali esigenze cautelari non può essere omessa o carente, dovendo il giudice motivare adeguatamente in ordine all'impossibilità di soddisfarle con misure meno afflittive, come gli arresti domiciliari. Tuttavia, il venir meno dell'interesse all'impugnazione, per sopravvenuta liberazione dell'indagato, determina l'inammissibilità del ricorso.

Sentenza completa

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGINIO Adolfo - Presidente

Dott. IPPOLITO Francesco - Consigliere

Dott. CONTI Giovanni - rel. Consigliere

Dott. CARCANO Domenico - Consigliere

Dott. DE AMICIS Gaetano - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS), nato ad (OMISSIS);

avverso la ordinanza del 13/12/2011 del Tribunale di Torino;

visti gli atti, la ordinanza denunziata e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Giovanni Conti;

udito il Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale dott. GALASSO Aurelio che ha concluso per la inammissibilita' del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse.

RITENUTO …

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