Il preavviso di rigetto, introdotto dall'art. 10-bis della legge n. 241/1990, costituisce un atto endoprocedimentale non immediatamente lesivo, volto a garantire il contraddittorio dell'interessato prima dell'adozione del provvedimento finale di diniego. Pertanto, l'interesse dell'istante si sposta sul provvedimento conclusivo del procedimento, che deve essere autonomamente impugnato entro i termini di legge, pena l'improcedibilità di ogni ulteriore gravame avverso gli atti endoprocedimentali. Il preavviso di rigetto, in quanto atto meramente preparatorio e non definitivo, non è autonomamente impugnabile, essendo la sua funzione quella di consentire all'interessato di presentare osservazioni e documenti idonei a superare i motivi ostativi all'accoglimento dell'istanza, al fine di indurre l'amministrazione ad adottare un provvedimento diverso, di accoglimento. Pertanto, l'interesse dell'istante si incentra sul provvedimento conclusivo del procedimento, che deve essere autonomamente impugnato entro i termini di legge, pena l'improcedibilità di ogni ulteriore gravame avverso gli atti endoprocedimentali, come il preavviso di rigetto, ormai superati dal provvedimento finale. La mancata impugnazione del provvedimento conclusivo del procedimento, divenuto inoppugnabile, determina il venir meno dell'interesse all'impugnazione degli atti endoprocedimentali, rendendo improcedibile il relativo gravame.