Cassazione penale Sez. VI sentenza n. 3000 del 20 agosto 1992

ECLI:IT:CASS:1992:3000PEN

Massima

Massima ufficiale
In materia di misure cautelari personali, per «contestazione del reato», anche ai fini dell'art. 275 comma terzo c.p.p., va ritenuta l'ordinanza nel suo complesso, comprensiva della motivazione, e non soltanto il «capo di imputazione», non menzionato dall'art. 292, che richiede, a pena di nullità, la descrizione sommaria del fatto con l'indicazione delle norme di legge che si assumono violate e degli indizi che giustificano in concreto la misura disposta. Ciò trova conferma nell'art. 293 c.p.p., secondo il quale, nell'eseguire l'ordinanza, l'ufficiale o agente incaricato deve consegnare all'indagato copia dell'intero provvedimento, dal cui complesso egli prende conoscenza degli esatti termini della contestazione per valutare l'opportunità di chiederne il riesame o di impugnarlo. Il giudice per le indagini preliminari, dopo l'esecuzione della ordinanza che dispone una misura cautelare, deve provvedere, ai sensi dell'art. 294 c.p.p., all'interrogatorio della persona in stato di custodia per accertare se permangono le condizioni di applicabilità e le esigenze cautelari della misura, conducendo l'interrogatorio secondo quanto esige l'art. 294 quarto comma e con le modalità indicate negli artt. 64 e 65 c.p.p. Dal primo comma del predetto art. 65 discende che il tribunale del riesame, una volta che accerti che, quanto meno nell'interrogatorio, il fatto risulti contestato all'indagato nella sua reale dimensione, abbia il potere-dovere di trarre da quella contestazione tutte le conseguenze in ordine alle misure cautelari, come dispone l'art. 294 quarto comma, ivi comprese quelle previste nell'art. 275 terzo comma c.p.p., se trattasi di reato ivi elencato.

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