Il possesso continuativo, pacifico e indisturbato di un'area da parte di un privato per un lungo periodo di tempo, corroborato da idonea documentazione probatoria, costituisce un principio di prova sufficiente a dimostrare il carattere privato dell'area stessa, in assenza di adeguata confutazione da parte dell'autorità amministrativa. Pertanto, l'ordinanza emanata dall'ente locale che impone la rimozione di opere realizzate su tale area, qualificandole come abusive per il fatto di insistere su suolo pubblico, è illegittima per difetto di istruttoria e di motivazione, in quanto l'amministrazione non ha adeguatamente verificato la natura privata dell'area in questione, nonostante la documentazione prodotta dal privato. Il principio di diritto affermato dalla sentenza è che, in materia di accertamento della natura pubblica o privata di un'area, grava sul privato l'onere di fornire il principio di prova dello "status quo ante", mentre l'amministrazione non può limitarsi a una mera affermazione di pubblicità dell'area, ma deve adeguatamente confutare la documentazione probatoria prodotta dal privato, in applicazione del principio generale di cui all'art. 2697 c.c. sull'onere della prova. La sentenza ribadisce inoltre che l'identificazione catastale, pur rilevante ai fini della trascrizione, non ha valore decisivo ai fini della qualificazione giuridica dell'area, potendo essere superata da altri elementi probatori.