Le dichiarazioni della persona offesa, pur non soggette alle regole di cui all'art. 192 comma 3 c.p.p., possono essere legittimamente poste a fondamento dell'affermazione di responsabilità penale dell'imputato, previa verifica più penetrante e rigorosa della credibilità soggettiva del dichiarante e dell'attendibilità intrinseca del suo racconto, corroborata da idonei elementi di riscontro. Il giudice di merito gode di ampia discrezionalità nella valutazione della prova testimoniale, la cui attendibilità è questione di fatto che può essere censurata in sede di legittimità solo in presenza di manifeste contraddizioni. L'esclusione di circostanze attenuanti, la determinazione della pena e la condanna alle spese processuali e al versamento in favore della Cassa delle Ammende rientrano nella discrezionalità del giudice di merito, purché sorrette da adeguata motivazione logica e immune da vizi.