Il riconoscimento dell'attenuante della provocazione richiede la sussistenza di un nesso causale di ordine psicologico tra il fatto ingiusto della vittima e la reazione criminosa dell'agente, valutato alla luce di diversi elementi: l'intensità dell'alterazione emotiva determinata nel soggetto dal fatto ingiusto, la proporzione tra il fatto ingiusto e la reazione, la prossimità temporale tra il fatto ingiusto e la reazione. Anche in caso di pregressi contrasti e condotte vessatorie della vittima, il giudice deve accertare che l'ultimo episodio abbia costituito il fattore scatenante di uno stato d'ira, valutando se la reazione sia stata effettivamente determinata da tale stato emotivo e non piuttosto da altri sentimenti come rancore o desiderio di vendetta. Nell'individuare la pena base, il giudice può tenere conto dell'attività di preordinazione criminosa svolta dall'agente, quale indice di una certa intensità del dolo, giustificando così una commisurazione della pena superiore al minimo edittale, anche in presenza di attenuanti generiche riconosciute.