Il potere di repressione degli abusi edilizi, mediante l'adozione di provvedimenti di demolizione, costituisce un'attività strettamente vincolata per l'amministrazione, che non richiede una puntuale motivazione sull'interesse pubblico alla demolizione, sull'effettivo danno all'ambiente o al paesaggio, né sulla proporzionalità del sacrificio imposto al privato. È sufficiente evidenziare la violazione del regime vincolistico e l'avvenuta costruzione in assenza del titolo abilitativo. Il decorso di un notevole lasso di tempo tra la commissione dell'abuso e l'adozione dell'ordine di demolizione non determina alcun affidamento tutelabile del privato alla conservazione di una situazione di illecito permanente, che il tempo non può legittimare. L'amministrazione è tenuta a esercitare il potere repressivo in ogni tempo, anche a notevole distanza dall'epoca della commissione dell'abuso, senza che sia necessario motivare in modo particolare il provvedimento, poiché la realizzazione e il consapevole mantenimento in loco di un'opera abusiva si concretizza in una volontaria attività del privato "contra legem". Inoltre, la possibilità di presentare un'istanza di accertamento di conformità ex art. 36 del d.P.R. 380/2001, ove non effettivamente esercitata, non costituisce un elemento idoneo a inficiare la legittimità del provvedimento di demolizione.