Il principio di diritto fondamentale che emerge dalla sentenza è il seguente: La responsabilità penale dell'imputato per i gravi reati di tentato omicidio, maltrattamenti in famiglia, violenza sessuale e lesioni personali continuate commessi in danno di tre minori sorelle può essere affermata sulla base di un complessivo quadro probatorio costituito non solo dalle dichiarazioni della madre delle vittime, ma anche da altri elementi di prova esterni, quali le risultanze medico-legali, le intercettazioni telefoniche e le dichiarazioni di altri testimoni, che nel loro insieme consentono di ricostruire in modo logico e coerente la dinamica dei fatti e il ruolo svolto dall'imputato. Il giudice di merito, nel valutare la sussistenza dell'elemento soggettivo del tentato omicidio, deve tenere conto dell'idoneità dell'azione lesiva e della concreta rappresentazione da parte dell'agente delle possibili conseguenze della sua condotta, senza che assuma rilievo la circostanza che l'evento letale sia stato scongiurato grazie all'intervento tempestivo dei soccorsi. Inoltre, la determinazione della pena deve essere adeguatamente motivata con riferimento ai criteri di cui all'art. 133 c.p., sia per la pena base che per gli aumenti applicati a titolo di continuazione, senza che sia necessario un'analitica disamina di tutti i parametri indicati dalla norma.