Il rigetto della richiesta di applicazione di una misura cautelare personale, per difetto dei gravi indizi di colpevolezza e delle esigenze cautelari, non può essere censurato dal pubblico ministero mediante ricorso per cassazione, ma deve essere impugnato con l'appello cautelare dinanzi al Tribunale del riesame competente. Infatti, in virtù del principio di tassatività dei mezzi di impugnazione, il pubblico ministero non è legittimato a proporre ricorso immediato per cassazione avverso l'ordinanza che respinge la domanda cautelare, con la conseguenza che l'impugnazione proposta deve essere convertita in appello, ai sensi dell'art. 568, comma 5, c.p.p. Ciò in quanto il rigetto della richiesta cautelare da parte del giudice per le indagini preliminari non integra una pronuncia definitiva, ma un provvedimento interlocutorio, la cui impugnazione è disciplinata dall'art. 310 c.p.p. in tema di appello cautelare. Pertanto, il pubblico ministero, qualora ritenga erronea la valutazione del giudice in ordine alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza e delle esigenze cautelari, deve proporre appello cautelare dinanzi al Tribunale del riesame competente, il quale sarà chiamato a riesaminare la questione nel merito. Il ricorso per cassazione, invece, è ammesso solo avverso le decisioni definitive, non anche nei confronti di provvedimenti interlocutori, come quello di rigetto della richiesta di misura cautelare.