Il mutamento della destinazione d'uso di un immobile da residenziale a professionale-direzionale, in zona agricola, non può essere desunto dalla mera circostanza che uno dei soggetti residenti svolga, in via episodica e marginale, una attività professionale in un locale dell'abitazione, privo di caratteristiche e organizzazione proprie dello studio professionale aperto al pubblico. Ai fini della configurabilità di un effettivo mutamento di destinazione d'uso, occorre invece che l'utilizzazione lavorativa dei locali abbia comportato una modifica della tipologia costruttiva o, quantomeno, dell'organizzazione interna degli spazi, in modo tale da alterare la destinazione residenziale originaria dell'immobile. In assenza di tali elementi oggettivi, il mero svolgimento di un'attività professionale nell'ambito dell'abitazione, senza alcun apparato organizzativo e strumentale, non determina di per sé il mutamento della destinazione d'uso, rientrando tale utilizzo nell'ambito delle attività collaterali e complementari consentite nell'ambito della destinazione residenziale. Pertanto, un provvedimento di diffida che si limiti a vietare in via generica l'utilizzo dell'immobile per attività direzionali, senza accertare concretamente la sussistenza di un effettivo mutamento della destinazione d'uso, non è idoneo a integrare una lesione diretta ed attuale della sfera giuridica dei destinatari, difettando l'interesse all'impugnazione.