Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, afferma che il recupero della disponibilità di un bene immobile appartenente al patrimonio indisponibile di un ente locale, a seguito della scadenza del titolo concessorio e dell'accertamento di un utilizzo non conforme agli obblighi gravanti sul concessionario, nonché di una situazione di morosità, costituisce un'attività doverosa esercitata dall'amministrazione nell'ambito del proprio potere di autotutela esecutiva, senza che possa ravvisarsi un vizio di incompetenza, atteso che tale provvedimento rientra nelle competenze gestionali dei dirigenti dell'ente, ai sensi dell'art. 107 del d.lgs. n. 267/2000. Il recupero della disponibilità del bene, destinato al perseguimento di finalità di interesse pubblico, sociale e collettivo, non può essere impedito dall'invocazione di previsioni regolamentari sopravvenute, in applicazione del principio tempus regit actum, che impone di valutare la legittimità dell'atto amministrativo in base alla situazione di fatto e di diritto esistente al momento della sua adozione. Inoltre, la restituzione del bene alla scadenza della concessione costituisce un obbligo specifico gravante sul concessionario, la cui inosservanza, unitamente all'utilizzo non conforme del bene e alla morosità accumulata, preclude il rinnovo della concessione e legittima il recupero forzoso del bene da parte dell'amministrazione, senza che possa rilevare la qualità riconosciuta dell'attività svolta dall'associazione concessionaria.