Il Consiglio di Stato, nell'esaminare il ricorso per revocazione avverso la sentenza che aveva respinto l'appello proposto dal gestore di un agricampeggio, ha affermato che le opere realizzate nell'area in questione, pur essendo costituite da manufatti mobili (case mobili su ruote), non possono essere considerate precarie ai sensi dell'art. 3, comma 1, lett. e.5), d.P.R. 380/2001, in quanto risultano installate senza soluzione di continuità, allacciate alla pubblica fognatura e alle altre utenze, alterando in modo stabile e non meramente occasionale lo stato dei luoghi. Pertanto, il Comune ha legittimamente esercitato il potere repressivo sanzionatorio edilizio previsto dall'art. 27 d.P.R. 380/2001, non essendo ravvisabile alcuna carenza o esorbitanza di potere, né un contrasto con i principi di ragionevolezza, proporzionalità e libertà di iniziativa economica privata. Inoltre, il giudice d'appello non è incorso in alcun errore di fatto revocatorio, avendo correttamente valutato la natura e la stabilità delle opere realizzate, nonché la pendenza delle procedure di sanatoria edilizia e paesaggistica, le quali, ove concluse positivamente, comporteranno una limitazione dell'esecuzione dell'ordine demolitorio alle sole opere prive di titolo.