Il giudice è legittimato a pronunciare sentenza di assoluzione ai sensi dell'art. 129 c.p.p., comma 2, solo quando le circostanze idonee ad escludere l'esistenza del fatto, la commissione del medesimo da parte dell'imputato e la sua rilevanza penale emergano dagli atti in modo assolutamente non contestabile, tale da appartenere più al concetto di "constatazione", ossia di percezione ictu oculi, che a quello di "apprezzamento", essendo quindi incompatibile con qualsiasi necessità di accertamento o di approfondimento. Nel giudizio di cassazione relativo a sentenza che ha dichiarato la prescrizione del reato, non sono rilevabili né nullità di ordine generale, né vizi di motivazione della decisione impugnata. Il giudice, in presenza di una causa di estinzione del reato, è tenuto a pronunciare sentenza di proscioglimento nel merito solo quando l'innocenza dell'imputato emerga in modo evidente e non contestabile dagli atti, senza necessità di ulteriore approfondimento, in applicazione del principio di economia processuale e del favor rei, a tutela del diritto alla prova. Ove, invece, la valutazione della sussistenza della causa estintiva richieda specifici accertamenti e valutazioni riservati al giudice di merito, assume rilievo pregiudiziale la nullità, funzionale alla necessaria rinnovazione del relativo giudizio.