Il metodo mafioso, quale circostanza aggravante di reati comuni, non può essere desunto dalla mera appartenenza dell'imputato a una famiglia mafiosa nota alle vittime, né dalla reazione di queste ultime alla condotta intimidatoria, ma richiede che le modalità di realizzazione del reato siano oggettivamente idonee a esercitare una particolare coartazione psicologica sulle persone, con i caratteri propri dell'intimidazione derivante dall'organizzazione criminale evocata. Pertanto, pur in presenza di un soggetto appartenente a un contesto mafioso, le minacce e le condotte intimidatorie poste in essere devono concretizzarsi in comportamenti che, al di là degli interessi personali dell'agente, siano riconducibili agli interessi del clan mafioso che ha il controllo del territorio ovvero siano rese possibili con l'ausilio degli appartenenti al sodalizio, non essendo sufficiente il mero collegamento dei soggetti accusati con la criminalità organizzata o la loro "caratura mafiosa". In assenza di tali elementi, le condotte, pur idonee a configurare il reato di estorsione, non possono ritenersi connotate dal metodo mafioso, rientrando nell'ambito della criminalità comune.