Cassazione penale Sez. V sentenza n. 48276 del 16 novembre 2016

ECLI:IT:CASS:2016:48276PEN

Massima

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Il reato di diffamazione a mezzo stampa richiede che l'imputazione sia formulata in modo chiaro e preciso, circoscrivendo l'addebito alle sole espressioni ritenute lesive della reputazione altrui, senza ampliarne arbitrariamente la portata. Il giudice non può sostituirsi al pubblico ministero nell'enunciazione dell'imputazione, pena la violazione del diritto di difesa dell'imputato, il quale deve poter contrastare specificamente le affermazioni contestategli. Inoltre, l'idoneità della frase incriminata a ledere la reputazione delle parti offese non può essere desunta esclusivamente da un contesto imprenditoriale in cui esse sarebbero note come titolari dell'attività, essendo necessario che la frase, di per sé, risulti idonea a tale scopo. Il giudice di merito, pertanto, deve valutare la sussistenza degli elementi costitutivi del reato di diffamazione sulla base dell'imputazione formulata e del tenore letterale delle espressioni ritenute diffamatorie, senza ampliarne arbitrariamente la portata.

Sentenza completa

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SABEONE Gerardo - Presidente

Dott. VESSICHELLI Maria - Consigliere

Dott. DE GREGORIO Eduardo - rel. Consigliere

Dott. MICCOLI Grazia - Consigliere

Dott. AMATORE Roberto - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato il (OMISSIS) a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 04/02/2015 della CORTE APPELLO di ROMA;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 01/07/2016, la relazione svolta dal Consigliere Dott. DE GREGORIO EDUARDO;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. ORSI LUIGI.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza impugnata la Corte d'Appello di Roma ha riformato la decisione di primo grado, revocando la provvisionale a carico dell&…

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