Cassazione penale Sez. V sentenza n. 20482 del 24 maggio 2002

ECLI:IT:CASS:2002:20482PEN

Massima

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Il concorso morale nel reato di omicidio può essere integrato anche dalla condotta di chi, pur non partecipando materialmente all'esecuzione del delitto, abbia svolto un ruolo determinante nella decisione e nell'organizzazione dello stesso, comunicando agli esecutori materiali la decisione di uccidere la vittima, indicando il luogo e il momento dell'aggressione e adoperandosi per far sparire i mezzi utilizzati per commettere il fatto. In tali ipotesi, il concorrente morale risponde del reato di omicidio a titolo di concorso, anche se non ha materialmente eseguito l'azione delittuosa, in quanto la sua condotta ha avuto un'efficacia causale determinante nella realizzazione del fatto. La chiamata in correità dell'esecutore materiale, anche se non pienamente riscontrata da altri elementi di prova, costituisce comunque un indizio rilevante ai fini dell'accertamento della responsabilità del concorrente morale, che deve essere valutato unitamente agli altri elementi di riscontro acquisiti nel processo, come il riferimento della vittima ai "due vigliacchi" quale indicazione della fonte da cui era scaturita l'azione criminosa, nonché la testimonianza che conferma come il concorrente morale fosse a conoscenza dei movimenti della vittima il giorno dell'omicidio. Pertanto, il giudice di merito, nel valutare la posizione del concorrente morale, deve procedere a un'attenta disamina di tutti gli elementi probatori, anche di natura indiziaria, che possano confermare il ruolo svolto dal medesimo nella decisione e nell'organizzazione del delitto, senza limitarsi a una mera valutazione della partecipazione materiale all'esecuzione del fatto.

Sentenza completa

FATTO E DIRITTO
E. G. ha proposto ricorso per cassazione contro la sentenza del 12 giugno 2001 con la quale la Corte di assise di appello di Napoli, giudicando in sede di rinvio, ha confermato la condanna del ricorrente per i reati di rapina, lesioni, minaccia, omicidio, detenzione di arma e porto di arma, ha escluso rispetto all'omicidio l'aggravante dei motivi abietti o futili e ha rideterminato in 24 anni di reclusione la pena per i reati di minaccia, omicidio, detenzione e porto di armi, unificati per la continuazione.
La Corte di assise di S. Maria Capua Vetere con sentenza del 7 dicembre 1998 aveva ritenuto E. G. e G. C. responsabili dell'omicidio premeditato di D. R., di minaccia e di detenzione e porto di armi e il primo anche di rapina e di lesioni personali e aveva condannato G. alla pena complessiva di 28 anni e 6 mesi di reclusione e di L. 1.600.000 di multa.
La corte aveva ritenuto che la prova della responsabilità per l'omicidio, avvenuto …

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