Cassazione penale Sez. VI sentenza n. 2098 del 9 ottobre 1990

ECLI:IT:CASS:1990:2098PEN

Massima

Massima ufficiale
Nei procedimenti in corso alla data di entrata in vigore del nuovo codice di procedura penale che proseguono con l'applicazione delle norme anteriormente vigenti, il provvedimento di revoca previsto dall'art. 250, comma secondo, del D.LGS. n. 271 del 1989 corrisponde ad uno dei provvedimenti liberatori disciplinati dal codice di procedura penale abrogato, differenziandosene esclusivamente perché i presupposti della misura cautelare, ai fini di un'eventuale revoca, debbono valutarsi alla stregua degli artt. 273, 274 e 280 del nuovo codice. A seconda dei presupposti di cui venga accertata la carenza (gravità degli indizi, esigenze cautelari, condizioni per l'applicabilità delle misure coercitive), del tipo di misura cautelare in atto, dell'esecuzione o mancata esecuzione del provvedimento restrittivo, la revoca prevista dal citato art. 250, comma secondo, D.LGS. n. 271 del 1989 si identifica, appunto, con la scarcerazione per mancanza di indizi, con la rimessione in libertà, con la scarcerazione per difetto delle altre condizioni che legittimano la cattura, con la revoca delle misure coercitive ai sensi dell'art. 282, comma sesto, codice abrogato, ovvero con la revoca del mandato di cattura ai sensi dell'art. 260 dello stesso codice. Tutti i provvedimenti ora indicati, ed ovviamente anche i provvedimenti negativi nelle stesse materie, sono soggetti ad appello, se emessi dal giudice istruttore, ai sensi dell'art. 263, comma secondo, codice abrogato, sicché non può essere diverso il mezzo di impugnazione nell'ipotesi disciplinata dall'art. 250, comma secondo, D.LGS. n. 271 del 1989, sebbene in questa norma non si faccia alcun riferimento a specifici mezzi di gravame. Ne consegue che l'ordinanza con la quale il giudice istruttore, ai sensi del suddetto art. 250, concede o nega la revoca del provvedimento sulla libertà personale disposto anteriormente alla data di entrata in vigore del nuovo codice di procedura penale è impugnabile mediante appello e non mediante ricorso per cassazione (nell'affermare il principio di cui in massima la cassazione ha ricordato anche che la corte costituzionale, con sentenza 13 dicembre 1989 n. 584 ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 263 del cod. proc. pen. abrogato nella parte in cui non riconosceva all'imputato il diritto di proporre appello contro l'ordinanza che rigettava l'istanza di revoca del mandato di cattura).

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