Il provvedimento di annullamento da parte della Soprintendenza di un'autorizzazione edilizia rilasciata dal Comune in zona sottoposta a vincolo paesaggistico è legittimo qualora l'atto comunale risulti privo di adeguata motivazione in ordine alla compatibilità dell'intervento edilizio progettato con i valori paesistici protetti dal vincolo ambientale nello specifico contesto, anche in assenza di una formale comunicazione di avvio del procedimento all'interessato, atteso che la trasmissione dell'autorizzazione comunale alla Soprintendenza, prevista per legge, costituisce equipollente forma di partecipazione al procedimento. Il decreto ministeriale che individua località di interesse paesaggistico e impone un divieto temporaneo di modificazione dei luoghi mantiene la sua efficacia anche dopo l'entrata in vigore della legge n. 431/1985, limitatamente alla dichiarazione di notevole interesse pubblico e al conseguente regime di inedificabilità relativa, con obbligo di autorizzazione per ogni attività di trasformazione edilizia, a prescindere dalla perdita di efficacia del vincolo di inedificabilità assoluta. Il principio di leale collaborazione tra Stato e Regioni non è violato qualora l'annullamento dell'autorizzazione comunale da parte della Soprintendenza si fondi su vizi di legittimità dell'atto, quali la carenza di motivazione e la violazione di legge, senza indebite valutazioni di merito.