La pericolosità sociale di un soggetto appartenente ad un'associazione di tipo mafioso si presume implicita e attuale in ragione del vincolo stabile e duraturo che lo lega al sodalizio criminoso, salvo casi di comprovato recesso dal gruppo, non rinvenibili nella fattispecie. Il giudice della prevenzione, una volta accertata l'appartenenza dell'individuo all'associazione mafiosa, non è tenuto a una specifica valutazione della pericolosità, essendo questa desumibile in via presuntiva dalla permanenza del vincolo associativo, che rende il proposto potenzialmente disponibile a realizzare in ogni momento gli interessi illeciti della consorteria. Pertanto, il mero percorso rieducativo e di reinserimento sociale successivo all'espiazione della pena non è di per sé sufficiente a elidere la presunzione di pericolosità qualificata, dovendo il giudice valutare concretamente l'effettivo recesso del soggetto dal contesto mafioso di riferimento. Solo l'accertamento di tale recesso, che comporta la cessazione della permanenza della pericolosità sociale, può giustificare la revoca della misura di prevenzione applicata.