Il diniego di condono edilizio per opere abusive realizzate su immobili sottoposti a vincolo paesaggistico è legittimo, in quanto l'art. 32, comma 27, lett. d), del d.l. n. 269/2003, convertito dalla l. n. 326/2003, esclude dalla sanatoria le opere abusive non conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici, anche se realizzate su aree vincolate, a meno che il vincolo non sia stato imposto successivamente all'esecuzione dell'abuso. Pertanto, il rilascio del condono edilizio è precluso per gli interventi abusivi realizzati in assenza o in difformità del titolo abilitativo su immobili sottoposti a vincolo paesaggistico, indipendentemente dalla presentazione di una richiesta di accertamento della compatibilità paesaggistica, in quanto tale istanza è rilevante ai soli fini del procedimento penale e non incide sulla valutazione della domanda di condono in sede amministrativa. La normativa sul condono edilizio, introdotta dal d.l. n. 269/2003, convertito dalla l. n. 326/2003, ha innovato la precedente disciplina, prevedendo che la sanatoria sia subordinata non solo all'assenza di vincoli di inedificabilità assoluta, ma anche alla conformità urbanistica delle opere abusive. Pertanto, l'esclusione dalla sanatoria per gli abusi realizzati su immobili vincolati non dipende solo dalla preesistenza del vincolo, ma anche dalla mancata conformità delle opere alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici. Inoltre, la richiesta di accertamento della compatibilità paesaggistica, prevista dall'art. 1, commi 37-39, della l. n. 308/2004, è rilevante solo ai fini del procedimento penale, in quanto tale istituto mira a consentire la depenalizzazione degli abusi minori, senza incidere sulla valutazione della domanda di condono in sede amministrativa. Pertanto, l'Amministrazione può legittimamente respingere la domanda di condono senza attendere la definizione della richiesta di accertamento della compatibilità paesaggistica.