Il principio di diritto fondamentale che emerge dalla sentenza può essere così formulato: Il giudice deve verificare la sussistenza di un interesse concreto, attuale e non meramente teorico del ricorrente all'impugnazione di un provvedimento cautelare, anche in caso di contestazione della sussistenza dei presupposti applicativi della misura. Pertanto, qualora la misura cautelare sia stata revocata nelle more del procedimento di impugnazione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per carenza di interesse, in assenza di una specifica e motivata deduzione da parte del ricorrente circa la possibilità di una futura utilizzazione della pronuncia in sede di riparazione per ingiusta detenzione. Tale onere di allegazione è riservato personalmente alla parte, in applicazione del coordinato disposto degli artt. 315, comma 3, e 645, comma 1, c.p.p. La declaratoria di inammissibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse non comporta, tuttavia, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e in favore della Cassa delle Ammende, qualora la revoca della misura sia intervenuta successivamente al deposito del ricorso, in assenza di profili di colpa ascrivibili alla parte istante.