Cassazione penale Sez. VI sentenza n. 32385 del 19 luglio 2019
ECLI:IT:CASS:2019:32385PEN
Massima
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La condotta di "partecipazione" all'associazione di tipo mafioso ai sensi dell'art. 416-bis c.p. è riferibile a colui che si trovi in rapporto di stabile e organica compenetrazione con il tessuto organizzativo del sodalizio, tale da implicare un ruolo dinamico e funzionale, in esplicazione del quale l'interessato prende parte al fenomeno associativo, rimanendo a disposizione dell'ente per il perseguimento dei comuni fini criminosi. Tale partecipazione può essere desunta da indicatori fattuali, quali i comportamenti tenuti nelle pregresse fasi di osservazione e prova, la rituale affiliazione, la commissione di delitti-scopo, e qualsiasi altro comportamento concludente, purché significativo, in quanto idoneo, sotto il profilo logico, ad offrire la sicura dimostrazione della costante permanenza del vincolo, con puntuale riferimento allo specifico periodo temporale considerato dall'imputazione. Non rilevano, invece, le situazioni di mera contiguità o di vicinanza al gruppo criminale, le quali non sono sufficienti nemmeno ad integrare la diversa condizione di "appartenenza" ad un'associazione mafiosa, rilevante ai fini dell'applicazione delle misure di prevenzione e che, comunque, postula una condotta funzionale agli scopi associativi, ancorché isolata.
Integra, invece, il concorso esterno in associazione di tipo mafioso, la condotta del c.d. "imprenditore colluso", tale essendo colui che, pur senza essere inserito nella struttura organizzativa del sodalizio criminale e privo della affectio societatis, instauri con la cosca, su un piano di sostanziale parità e per propria libera scelta, un rapporto volto a conseguire reciproci vantaggi, consistenti, per l'imprenditore, nell'imporsi sul territorio in posizione dominante e, per l'organizzazione mafiosa, nell'ottenere risorse, servizi od utilità. Tale situazione è stata riconosciuta, ad esempio, nel caso di colui che, interferendo nella gestione di appalti pubblici, riusciva ad ottenere commesse per la propria azienda e, in tal modo, il rafforzamento, per il sodalizio di riferimento, della capacità di influenza nel settore economico, grazie ad appalti ad imprese ad esso contigue; oppure di chi, occupandosi del trasporto dei rifiuti presso un termovalizzatore, poneva in essere una sistematica sovrafatturazione, mediante la quale veniva occultato il "pizzo", pagato dalla società che gestiva il termovalizzatore e successivamente riversato all'associazione criminosa, ottenendone in cambio il monopolio del servizio di trasporto; o, ancora, nell'ipotesi dell'imprenditore accordatosi con i vertici del clan, al fine di ottenere il monopolio, nei quartieri di rispettivo controllo, della gestione degli apparati da gioco elettronici, in cambio del versamento di corrispettivi sulle entrate, fissi o in misura percentuale.
Perché l'impresa possa definirsi "mafiosa" è necessario che vi sia totale sovrapposizione tra essa e la consorteria criminale, della quale condivide progetti e dinamiche operative, divenendone perciò strumento per la realizzazione del programma criminoso, con una conseguente commistione obiettiva delle rispettive attività, o comunque quando l'intera attività d'impresa sia inquinata dall'ingresso nelle casse dell'azienda di risorse economiche provento di delitto, di tal che risulti impossibile distinguere tra capitali illeciti e capitali leciti; ovvero, in alternativa, qualora l'impresa sia pur sempre direttamente sottoposta al controllo dell'associazione mafiosa.
Ai fini della configurabilità del delitto di cui all'art. 353-bis c.p. (turbata libertà degli incanti), è necessario che il procedimento amministrativo diretto alla determinazione del contenuto del bando di gara abbia avuto inizio, con una puntuale e specifica individuazione dell'oggetto e delle modalità dell'attività che l'amministrazione intende svolgere, da parte del soggetto pubblico titolare del potere di impulso e di definizione rispetto all'obiettivo contingente perseguito, non essendo sufficienti meri atti preparatori o prodromici all'avvio di tale procedimento.
Sentenza completa
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PETRUZZELLIS Anna - Presidente
Dott. AGLIASTRO Mirella - Consigliere
Dott. DI STEFANO Pierluigi - Consigliere
Dott. VILLONI Orlando - Consigliere
Dott. ROSATI Marti - rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA sul ricorso proposto da: (OMISSIS), nato a (OMISSIS); avverso l'ordinanza del 06/12/2018 del Tribunale di Catanzaro; udita la relazione svolta dal Consigliere, Dott. ((omissis)); sentite le conclusioni del PG, Dott. ((omissis)), che ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso; uditi i difensori, avvocati (OMISSIS) del foro di Lamezia Terme e (OMISSIS) del foro di Torino, che hanno chiesto l'annullamento dell'ordinanza impugnata. RITENUTO IN FATTO 1. La difesa di (OMISSIS) ricorre per cassa…
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