La diffamazione a mezzo stampa è lecita solo se rispetta i limiti del diritto di critica e di cronaca, ossia se i fatti narrati sono oggettivamente veri o sorretti da una verità putativa basata su circostanze obiettive, e se le espressioni utilizzate mantengono la dovuta misura di continenza, senza ricorrere a toni allusivi, insinuanti, decettivi, al sottinteso sapiente, ad accostamenti suggestivi, a un tono sproporzionatamente scandalizzato e sdegnato, o ad artificiose drammatizzazioni. Qualora tali requisiti non siano rispettati, la diffusione di notizie e opinioni, anche su questioni di interesse pubblico, integra un illecito civile risarcibile, con conseguente responsabilità solidale di tutti i soggetti che hanno concorso causalmente alla sua realizzazione, senza che rilevi la diversa gravità delle rispettive condotte, salvo il caso in cui sia stata richiesta una formale ripartizione interna delle responsabilità. Gli interessi compensativi sul risarcimento del danno da diffamazione decorrono dalla data del fatto illecito, e non dalla domanda giudiziale.