Il possesso di sostanze stupefacenti, anche se non frazionate, in quantità superiore a quella compatibile con l'uso personale, unitamente al rinvenimento di materiale per il confezionamento e alla conoscenza di fornitori, integra il reato di detenzione ai fini di spaccio, non essendo sufficiente lo stato di tossicodipendenza dell'imputato per configurare l'ipotesi attenuata del fatto di lieve entità. La valutazione sulla destinazione dello stupefacente spetta al giudice di merito, il quale deve considerare tutti gli elementi oggettivi e soggettivi del fatto, senza che il sindacato di legittimità possa spingersi ad una nuova valutazione delle prove. La pena è determinata in concreto dal giudice sulla base dei criteri di cui all'art. 133 c.p., senza che le modifiche normative intervenute in corso di processo possano incidere favorevolmente sulla posizione dell'imputato.