Il provvedimento di chiusura dell'attività commerciale, adottato in via generalizzata ed automatica dalla pubblica amministrazione in caso di violazione dell'art. 20 del Codice della Strada, è illegittimo in quanto configura una sanzione accessoria sproporzionata e non adeguatamente motivata, in contrasto con i principi di proporzionalità e ragionevolezza dell'azione amministrativa. L'applicazione di tale misura, senza una valutazione individualizzata delle circostanze del caso concreto, viola il diritto dell'operatore economico all'esercizio della propria attività, tutelato dalla libertà di iniziativa economica privata. La pubblica amministrazione, nel comminare sanzioni accessorie, è tenuta a rispettare il principio di proporzionalità, adottando misure idonee, necessarie e strettamente proporzionate alla gravità della violazione accertata, previa adeguata motivazione che dia conto delle ragioni che giustificano l'adozione di un provvedimento così incisivo sulla sfera giuridica del destinatario. L'automatismo sanzionatorio, privo di una valutazione individualizzata, si pone in contrasto con i principi di buon andamento e imparzialità dell'azione amministrativa, di cui all'art. 97 della Costituzione, e con il diritto di difesa dell'interessato, tutelato dall'art. 24 della Costituzione. Pertanto, il provvedimento di chiusura dell'attività commerciale, adottato in via generalizzata ed automatica dalla pubblica amministrazione in caso di violazione dell'art. 20 del Codice della Strada, è illegittimo per violazione dei principi di proporzionalità, ragionevolezza e buon andamento dell'azione amministrativa.